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Conversazioni tra professionisti

#tolktolk aperitivo. L'immagine che cattura il cliente

Quante volte ti sei soffermato a pensare quale potesse essere l'immagine giusta per quel post oppure per quell'articolo? Quali sono i meccanismi che sono alla base per capire quanto l'immagine può manipolare l'attenzione? Con Paolo Schianchi, Visual Marketing e Visual Design parleremo del suo ultimo libro #Visual Journalist, L'immagine è la notizia.

 Estratto video di 5 minuti circa* con piccolo cammeo finale

 

*video scelto per la campagna del settimo anniversario di Tolktolk

 

INTERVISTA A PAOLO SCHIANCHI

Perché l'immagine è così importante?

Anche se spesso non ci piace ammetterlo, in epoca post-web per informarci più che leggere un testo guardiamo le immagini. Un atteggiamento che da un lato ha cambiato il mondo dell'informazione e dall'altro la nostra reazione a una notizia. 

Si pensi a come oggi l'immagine catturi l'attenzione e poi, una volta apprese le informazioni visive, ci si soffermi sulle poche righe che l'accompagnano. Insomma crediamo di capire ogni avvenimento attraverso una semplice occhiata, iniziando a formaci opinioni e a commentare. 

Tutto questo deriva da un fraintendimento culturale, in quanto negli ultimi 250 anni circa le immagini sono state ritenute puri esercizi di trasposizione della realtà, mentre si è affidato alle parole la possibilità di esprimere concetti. Ma ora non è più così, anzi forse non lo è mai stato. Infatti le immagini non raffigurano la realtà, ma una sua possibilità ricca di nozioni da apprendere ed esplorare. Di conseguenza possiamo considerarle un linguaggio che tutti devono iniziare a studiare, al fine di potersi creare autonomamente delle opinioni libere da condizionamenti.  Va però detto che il grande pubblico ancora non conosce la grammatica di cui si compongono ed è da considerarsi analfabeta visivo. Ecco perché l'immagine è importante, in quanto sta dominando il nostro contatto con il mondoe le informazioni che da esso ci arrivano per poi essere divulgate.

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Chi è il visual journalist oggi?

Si tratta di una nuova figura professionale in grado di far passare le notizie attraverso l'uso dell'immagine, in quanto conosce e padroneggia la grammatica visiva derivante dalla visual litercyÉ un professionista crossmedialeche non si limita a creare “una bella” immagine delle notizie o si occupa della leggibilità visiva e grafica di quanto viene raffigurato, ma è consapevole del fatto che le immagini sono concetti ricchi di storie. In fondo si tratta di colui che sa rendere visibili, e quindi “leggibili”, le raffigurazioni.Per giunta è una figura professionale che, oltre alle ottime basi di conoscenza visiva, ha radici professionali affondate nell'etica. Insomma in un epoca in cui tutti guardano e pochi leggono chi sa creare i contenuti delle immagini, con tutti i loro significati, è anche colui che fa passare le informazioni. Un visual journalist è tutto questo. 

Va però specificato che non solo i professionisti di questa disciplina sono tenuti a conoscere la grammatica delle immagini, ma anche tutti coloro che giornalmente interagiscono con il mondo dell'informazione. Ovvero se per scrivere un post è necessario utilizzare una sintassi corretta,allo stesso modo, quando pubblichiamo un'immagine, e a pensarci lo facciamo molto spesso, dobbiamo sapere quali concetti stiamo trasmettendo e quali gli altri riceveranno, o meglio saranno in grado di comprendere. 

Quali sono i criteri a cui si deve rifare un fotografo per rappresentare la realtà e quali i criteri di chi sceglie una foto per rappresentarsi?

La realtà è cosa complessa e come tale non è raffigurabile in una sola immagine, come non lo è attraverso un articolo di testo o un libro. Questa ci arriva attraverso il primo medium che utilizziamo da sempre: il nostro corpo. Infatti le immagini, come le parole che leggiamo o ci vengono narrate, per essere comprese devono passare attraverso di noi. 

Qui, ovviamente, mi soffermo sulle sole immagini, poiché queste accadono in noi e solo in seguito le restituiamo agli altri sotto forma di raffigurazioni. Per fare un esempio, se vedo due ragazzi che si baciano, questi prima di tutto saranno impressi nel mio pensiero, il quale li elaborerà e deciderà quale significato dare loro. In seconda battuta cercherò di riprodurre quella stessa immagine, anche attraverso uno scatto rubato all'istante, per divulgarla agli altri, ma con l'intento di far passare cosa penso dei due ragazzi intenti nel baciarsi. 

Dov'è ora la realtà? Nei due ragazzi che si baciano nello spazio, quelli reali in carne e ossa per capirci, oppure nella riproduzione che ho fatto di loro con tanto di mia interpretazione? Anche se chi incontrerà quello stesso scatto sarà convinto di vedere una riproduzione della realtà. In verità però starà osservando ciò che io, o meglio il mio corpo come primo medium, ha deciso fosse la realtà di quel bacio, posizionandosi così in uno spazio intermedio fra ciò che vedo e quanto restituisco visivamente. 

Data questa breve introduzione al tema ora riesco ad articolare una risposta a questa domanda. Un fotografo, prima di tutto, per restituire la realtà deve possedere forti componenti di etica e consapevolezza visiva.Due qualità in grado di condurlo verso la raffigurazione di una realtà capace di lasciare a chi guarda la possibilità di scorgere tutte le sue sfaccettatureInsomma attraverso uno scatto deve dichiarare apertamente che quanto inquadra è solo una possibile realtà e non la verità assoluta. Ed è qui che si vede la differenza fra i maestri della fotografia, consapevoli delle loro immagini come delle emozioni che possono suscitare, e gli amatori che ancora cercano la qualità visiva più che la profondità di significato. Tutto ciò, se ci si pensa, già accade con la scrittura etica, la quale racconta un avvenimento pur non dandoci una sua certezza. Infatti, essendo abituati a leggere, sappiamo scavare fra le parole per trovare tutte le altre possibilità interpretative di quanto ci viene raccontato. 

Nel secondo caso per rappresentarci si deve prima di tutto capire che la raffigurazione di noi stessi è solo la mediazione fra ciò che siamo e quanto ci immaginiamo di noi stessiAllora per poterci raffigurare dobbiamo prima rispondere alla domanda: chi voglio essere? Quando troviamo la risposta, troviamo pure la nostra immagine. 

In questo gioco di rimandi della realtà può aiutarci il visual storytelling, ovvero un altro modo per raffigurare la realtà che ci circonda e di noi stessi. Così attraverso un percorso visivo di questo tipo, almeno nella nostra contemporaneità, è possibile raffigurare, in un unica immagine, la realtà di chi siamo immersa in chi vorremmo essere. 

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L'immagine senza testo può avere un certo effetto, ma un testo senza immagine può avere lo stesso effetto, per intenderci quale dei due ha più potere?

Oggi prima di tutto guardiamo e siamo attratti dalle immagini, quindi la risposta più semplice è: un testo senza immagini non ha effetto. Di conseguenza il potere è in mano alle immagini. La questione però non può essere semplificata in una risposta annunciata, in quanto si deve capire che oggi anche le parole, o meglio la costruzione delle frasi, sono immagini, le quali, rimandando agli immaginari che tutti noi possediamo, comunicano in egual modo. 

Pensiamo a Twitter, una piattaforma social composta prevalentemente di parole. Qui, prima in 140 e ora in 280 caratteri, vengono sintetizzate molte notizie. E come accade? Evocando immagini. Ovvero quanto viene scritto non è l'articolazione di un pensiero, ma la sua trasformazione in immagine, più facile da far passare e visualizzare in chi legge. Ed è in questo modo che il suo contenuto si amplifica. 

Per capirci è diverso twittare: “Siamo sul ciglio di un precipizio culturale. Di qua il passato, di là il futuro.”(80 caratteri di immaginari), rispetto a “La cultura contemporanea sta vivendo un percorso che la porterà verso la distruzione di se stessa. Un processo che non sappiamo se si può arrestare. Dobbiamo quindi riflettere sul futuro reinterpretando il passato.”(214 caratteri di parole). 

La prima è un'immagine che passa immediatamente, creando immaginari e vertigini culturali. La seconda è l'articolazione di un pensiero che scivola inosservato in mezzo a tanti altri tweet, poiché non produce in chi legge, e nell'immediato, una raffigurazione. 

Ora, per tornare anche alla domanda precedente, si deve fare attenzione a quando si leggono e utilizzano i tweet per fare comunicazione, come accade con le immagini, poiché anche se crediamo siano i nuovi comunicati stampa - si pensi a quanto vengano utilizzati dai politici e dalle star al fine di divulgare di loro - in realtà si tratta di narrazioni visive a cui però diamo il valore di un'affermazione. Ma a ben vedere un tweet è un'immagine che il politico o la star di turno stanno divulgando, non la trasposizione chiara e certa di un avvenimento che li riguarda. E da tale fraintendimento diventa facile creare confusione comunicativa. 

Quali sono le fake image e come le riconosciamo?

Tutte le immagini, in quanto non raffigurano le realtà come ho detto prima, possiamo considerarle sia fake che non fake. Infatti il loro esserlo o meno dipende dall'uso che ne fa un visual journalist. Esistono quindi immagini utilizzate eticamente e immagini non utilizzate con lo stesso principio morale. Insomma le fake image sono raffigurazioni che non dipendono dal loro essere o meno tali, ma dal contenuto che gli viene attribuito. Facciamo un esempio. In Cina c'è la riproduzione esatta di un paese delle Alpi austriache. Se scatto una fotografia in quel luogo cosa ottengo? Un'immagine che, se mostrata, chiunque riconoscerebbe come proveniente dal Tirolo austriaco, anche se così non è. Allora è una fake image? Dipende dall'uso che ne fa il visual journalist. Se la fa identificare come scattata in un punto preciso del Tirolo austriaco certamente è una fake non etica, ma se viene usata per raccontare che è possibile trovare un tale paesaggio in un qualsiasi punto del Tirolo no, poiché quando chi l'ha vista vi si recherà non si accorgerà della differenza, ritrovando la stessa bellezza emozionale.

Lo so è un filo sottile quello che separa le immagini fake etiche da quelle non etiche, ma è proprio nel comprendere tale confine che ci si può difendere da loro. Dobbiamo infatti imparare a dubitare non tanto di ogni immagine, ma di come ci viene proposta e in quale contesto sia inserita. Verificati questi due elementi potremo tutelarci da un'immagine trasformata in fake non etica da una che di fake ha solo il set in cui è stata costruita, pur passandoci informazioni etiche, come nel caso di tante raffigurazioni di guerre, povertà, star del cinema … e molto spesso anche di noi stessi. In fondo quando utilizziamo un filtro di Instagram non creiamo un'immagine fake del nostro viso o del nostro corpo? Ora provate a verificare se siete o meno divulgatori di immagini fake etiche o non etiche. 

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Il libro

#Visual Journalist, l'immagine è la notizia edito da Franco Angeli, in cui Schianchi spiega come l'immagine in epoca post-web è un file sempre uguale a se stesso che naviga da uno spazio all'altro, generando emozioni e conenuti differenti in relazione a dove viene visualizzata. L'immagine è la notizia per il giornalista che deve rappresentare un articolo, lo è anche per chi vorrebbe che la sua notizia arrivi al proprio interlocutore. Tutti comunichiamo e lo facciamo spesso attraverso le raffigurazioni. Lo trovi qui.

 

Foto della serata

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Chi è

Paolo Schianchi è riconosciuto come fra i principali teorici del Visual Marketing e Visual Design. 

 

l team Tolktolk

da sx Erica Di CilloPaola Frateschi e io ;-)

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Letture a tema

Ti può interessare leggere il post della collega Sarah Saccullo presente all'evento Siamo tutti Analfabeti visivi

Oppure l'interessante recensione del libro di Cecilia Mattioli

 

 Video integrale della serata

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Chi sono

Sono Dora Carapellese, mi occupo di comunicazione, gestisco i rapporti con i media, sono una giornalista e svolgo attività di formazione sui temi legati alla comunicazione.

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