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Conversazioni tra professionisti

Parole che contano: l'importanza del linguaggio nelle negoziazioni

Le parole per dirlo. Tante volte in una conversazione usiamo delle parole che vengono percepite male dal nostro interlocutore tanto da mettere a repentaglio l'efficacia della comunicazione. Un esperto di linguistica può aiutarci a capire in una negoziazione quali sono le parole da evitare.

Intervista a  Valerio Dieni, Consulente di linguistica cognitiva per aziende e professionisti. Ospite a Tolktolk lo scorso dicembre. Con lui abbiamo esplorato il potere intrinseco delle parole nella negoziazione. In un mondo in cui ogni conversazione è un'opportunità, comprendere le sfumature linguistiche, dalla scelta delle parole all'intonazione, può determinare il successo di una trattativa.

Le parole hanno il potere di persuadere, creare fiducia e gestire conflitti. Un linguaggio chiaro, positivo e mirato può superare ostacoli e condurre a risultati vantaggiosi per entrambe le parti.

 

Spesso capita che in una comunicazione ci sono degli schemi linguistici che vengono percepiti dal nostro cervello in un certo modo e perché secondo te?

Potrei risponderti citando la straordinaria opera di Luigi Pirandello. Ricordi cosa fa dire a uno dei Sei personaggi in cerca d’autore?: “E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai”.

Pirandello aveva anticipato nella letteratura una grande verità della linguistica cognitiva: abbiamo, sì, una responsabilità all’interno della comunicazione, ma il nostro controllo sulla percezione del ricevente non è mai totale. Ciò che possiamo fare è studiare il potere di alcuni schemi linguistici che, universalmente parlando, sono più funzionali.

Anche fra le formule più banali del nostro quotidiano ci sono accortezze linguistiche che possono fare la differenza. Mettiamo che in ufficio non sia stata inviata una mail importante e la responsabilità di tale mancanza sia di difficile attribuzione. Possiamo rivolgerci ai colleghi coinvolti dicendo a ognuno di loro “Ma ieri non hai più inviato quella mail?” oppure “Perché ieri non è stata inviata quella mail?”. Nel secondo caso, cambiando solo pochi elementi, abbiamo reso la domanda impersonale, rimuovendo il tono accusatorio e comunicando che non ci interessa trovare il colpevole, quanto capire il motivo della dimenticanza.

In una trattativa entrano in gioco diversi elementi come attenzione, empatia... Quali sono altri elementi e come le parole possono alimentare questi ingredienti?

Molte delle nostre interazioni quotidiane sono trattative, anche se non ce ne rendiamo conto. Ne hai citati due importanti, che sono molto legati alla linguistica. Perché, vedi, in un’interazione non è importante soltanto essere attenti ed empatici, ma soprattutto dimostrarsi attenti ed empatici. Affinché si instauri la giusta sintonia, cioè, il nostro interlocutore deve capire che lo stiamo ascoltando e che comprendiamo ciò che ci sta dicendo. E le parole sono lo strumento con cui farglielo capire.

Ad esempio con la riformulazione, mediante linguaggio concreto, di ciò che ci è stato detto. Per linguaggio concreto si intende l’uso di parole che attivano nella nostra mente la visualizzazione di immagini vivide. Studi recenti, effettuati nell’ambito della vendita e dell’assistenza clienti, hanno dimostrato che l’uso di un linguaggio concreto fa percepire il venditore e l’operatore come più attento, empatico e utile nella risoluzione del problema: “Prima di proseguire, voglio essere sicuro di aver compreso le sue esigenze: lei mi sta dicendo che…”. Attenzione, ho detto “riformulazione” non “ripetizione”: alle persone non interessa interagire con un pappagallo. Interessa interagire con un’altra persona che ascolta e comprende.

Un terzo elemento utilissimo in una trattativa, nel quale le parole giocano un ruolo fondamentale, è la cooperazione: piuttosto che presentarci con delle soluzioni già preconfezionate, che limitano la scelta a opzioni che noi abbiamo deciso per l’altro/a, dobbiamo coinvolgere la controparte nell’elaborazione dell’accordo e mettere da subito in chiaro linguisticamente questa intenzione: “Non ho pensato a una proposta perché a questo tavolo siamo in due e ritengo importanti sia i miei che i suoi obiettivi. Quindi mettiamoci a lavoro per trovare una soluzione che soddisfi entrambi”.

Dove comincia e dove finisce la responsabilità di ciascuno di noi quando scriviamo dei contenuti pubblici?

Se da una parte vale quanto detto poco fa sulla responsabilità limitata in ogni interazione, per quanto riguarda i contenuti pubblici va considerato che, rispetto a interazioni “live”, abbiamo a disposizione più tempo per produrre un messaggio efficace. Lì la nostra responsabilità individuale aumenta, perché abbiamo la possibilità di impegnarci nel controllo di più variabili. Il mio consiglio è: prendetevi il tempo che vi occorre. Se vi rendete conto che dieci minuti, mezz’ora o anche un’ora in più possono fare la differenza nella scelta di una metafora più funzionale, nella selezione di parole che attivano i frame giusti, nella scelta di una formula adeguata… prendetevi quel tempo. La frenesia è nemica della buona comunicazione.

Le parole che persuadono, da un punto di vista etico non sono considerate manipolatorie?

Sono giunto alla conclusione che la differenza fra persuasione e manipolazione sia molto più chiara di quanto immaginiamo. Tecnicamente, soprattutto nell’ambito del marketing, la persuasione è un sistema win-win: entrambe le parti coinvolte, al termine dell’interazione, ottengono ciò che vogliono. La manipolazione, al contrario, è un sistema win-lose: c’è una parte che vince a scapito dell’altra. Il nostro compito, cioè il compito di chi lavora nella comunicazione, sta nel restituire alla persuasione il frame positivo che le appartiene. Le parole non sono essenzialmente persuasive o manipolatorie, sono strumenti, anzi, gli strumenti più potenti che la natura ci ha messo a disposizione: la differenza sta tutta nelle intenzioni di chi le utilizza.

 

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Chi sono

Sono Dora Carapellese, mi occupo di comunicazione, gestisco i rapporti con i media, sono una giornalista e svolgo attività di formazione sui temi legati alla comunicazione.

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