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Tolktolk. Le nuove frontiere dello storytelling

Quando raccontiamo la nostra azienda, l'intento è creare un'esperienza in chi ci legge, perchè sia efficace bisogna che si adatti alle varie piattaforme attraverso cui facciamo il nostro storytelling. Francesco Gavatorta e Riccardo Milanesi ci raccontano come fare prendendo spunto dalla loro ultima opera: Transmedia experience. Dallo storytelling alla narrazione totale.

Cosa è la transmedia experience nello storytelling, non basta più raccontare ma è necessario farlo diversificando il contenuto nei diversi canali aggiungendo sempre un pezzettino in più a quella storia e solo con l'esperienza su tutti i canali utilizzati verrà restituita la storia nella sua interezza. 

Dal manuale Transmedia experience. Dallo storytelling alla narrazione totale, della Franco Angeli 

"All'interno di un mercato sempre più frammentato e popolato da miriadi di brand di diverso valore economico, simbolico e culturale, l'esperienza transmediale contribuisce non solo a creare un senso di comunità, ma a generare connessioni e a facilitare l'engagement".

Con gli autori Francesco Gavatorta e Riccardo Milanesi abbiamo fattto una bella chiacchierata sia on line che qui sotto con un'intervista scritta.

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Cos’è un’esperienza transmediale?  

Riccardo. L’esperienza transmediale è un’esperienza totale: è immersiva, partecipativa, interattiva, collaborativa, multipiattaforma, narrativa e creativa. In una comunicazione sempre più frammentata, di diverso valore economico, simbolico e culturale, l’esperienza transmediale contribuisce non solo a creare un senso di comunità, ma a generare connessioni e a facilitare il coinvolgimento. La transmedia experience è un’ esperienza nuova, eppure è fondata sull’elemento distintivo di ogni storia che si rispetti: la condivisione di immaginari e di esperienze (reali o mediate) sulla base del nostro essere umani.

Quanto l’IA può contribuire alla riuscita di una narrazione transmediale e fateci qualche esempio

Francesco. La narrazione transmediale non è questione di tecnologia, solamente. L'AI può aiutare nella misura in cui è funzionale al progetto in sé. Se ad esempio voglio far interagire il mio utente con un quiz, potrei impiegare un chatbot per proporgli le domande. La cosa importante è che, come detto prima, sia funzionale al progetto.

Cos'è la narrazione totale?

Riccardo. L’idea di definire “narrazione totale” l’esperienza transmediale ci è venuta guardando un video dell’Olanda degli anni ’70, quella di Crujiff e Michels. L’Olanda,  appunto, del “calcio totale”. E come nel Calcio Totale, anche nella transmedia experience bisogna avere velocità di pensiero, flessibilità dei ruoli, preparazione ossessiva in allenamento (alla base di una strategia transmediale c’è la costruzione di un mondo definito in ogni dettaglio), capacità di analisi delle situazioni e di improvvisazione durante la partita (interactive e live storytelling) e abilità di creare e riempire gli spazi da parte dei giocatori (anche i fruitori di una storia transmediale partecipano attivamente all’espansione dell’universo narrativo).

Quali sono le tipologie di aziende più avvezze a questo strumento di promozione? 

Francesco. La narrazione transmediale non è un veicolo di promozione, ma possiamo dire sia una modalità di entrare e vivere delle esperienze all'interno di una dimensione di marca: per questa ragione dobbiamo andare oltre al luogo comune secondo cui l'impiego di tecniche di storytelling servano solo a confezionare contenuti promozionali. Qualsiasi azienda può impiegare dette tecniche, purché non manchino mai i requisiti fondamentali di struttura e pianificazione, e che ci sia coerenza nelle varie dimensioni in cui vengono attivate.

La transmedialità può essere messa in atto anche da un libero professionista?

Riccardo. Certamente, chiunque voglia comunicare un brand, un progetto o la propria professione coinvolgendo i clienti e rendendoli parte dell’esperienza, dovrebbe utilizzare gli strumenti e i modelli della transmedialità.

Quali sono gli ingredienti principali di una narrazione transmediale? 

Francesco. Centrale di tutto è lo sviluppo di uno storyworld, che si sostiene sulla presenza coerente di tre fattori: mythos (personaggi, leggende, storie che popolano lo storyworld), ethos (il codice morale che regola l'universo) e topos (l'ambientazione del mondo dal punto di vista geografico).
Definito questo, si deve procedere alla delimitazione dei meccanismi d'attivazione dell'utente, dal "rabbit hole" a tutte le call to action che serviranno per azionarlo. Tale meccanica non si può sostenere senza una buona progettazione non solo della struttura narrativa, ma anche delle testualità che serviranno per concretizzarla. Non dimentichiamo infatti che la narrazione transmediale è del tutto e per tutto simile a un viaggio, in cui ogni tappa è una storia: tali storie (dette appunto, testualità) devono in qualche modo non disperdere l'attenzione e permettere al fruitore di viverle al massimo, non lasciarlo andare via.
Ecco perché la cosa indispensabile che serve è uno sguardo d'insieme su tutto il progetto.

 

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Sono Dora Carapellese, mi occupo di comunicazione, gestisco i rapporti con i media, sono una giornalista e svolgo attività di formazione sui temi legati alla comunicazione.

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